Legge definita vittoria per la rivale Marine Le Pen e la destra

Milano, 20 dic. (askanews) – Votata dal Parlamento francese, la legge sull’immigrazione non ha ancora concluso il suo iter legislativo: il presidente Emmanuel Macron trasmetterà il testo – che ha già provocato le dimissioni di un ministro mentre esulta l’estrema destra – al Consiglio costituzionale questa sera per garantire la regolarità del testo. Il Consiglio è un organo di estrema importanza, creato con la nascita della Quinta Repubblica e che non trova per funzioni e poteri un corrispondente nell’ordinamento giuridico italiano.

Un Macron accigliato viene raccontato dalla fedele emittente Bfm durante il consiglio dei ministri. Se il capo dello Stato non ha menzionato le dimissioni di Aurélien Rousseau, ha comunque criticato i membri dell’ala sinistra del governo senza nominarli. “Chi dubita e non ha mai combattuto, veramente non ha lezioni da impartire”, avrebbe detto Macron. “Non è un testo che ci disonora”, avrebbe anche aggiunto.

La legge è stata approvata con il sostegno della destra e viene definita una vittoria per la rivale di Macron, Marine Le Pen. “Affrontare il tema dell’immigrazione è anche pericoloso perché siamo in maggioranza relativa nell’Assemblea nazionale, vale a dire che non possiamo decidere da soli” ha dichiarato il portavoce Olivier Véran, che ha anche parlato di “tema divisivo per eccellenza che porta con sé verità e falsità”.

Il punto centrale della legge è che gli stranieri devono essere in Francia da cinque anni per avere diritto alle prestazioni sociali, requisito che viene ridotto a 30 mesi per coloro che lavorano. Il ministro della Sanità Aurelien Rousseau ha già presentato le sue dimissioni mentre il governo ha manifestato delle perplessità su alcune misure concesse alla destra, prima e durante la “folle soirée” in Parlamento – così l’ha definita l’imperturbabile Afp – che ha visto il testo, ampiamente approvato al Senato, e votato in Assemblea con 349 sì e 186 contrari su 573, ma 59 deputati della maggioranza che hanno votato contro o si sono astenuti.

Grande lo sdegno trasversale sulla stampa francese questa mattina. E anche l’esecutivo non appare rassegnato.

Nel merito, la premier Elisabeth Borne ha riconosciuto a France Inter che ci sono “disposizioni” sulle quali “abbiamo espresso i nostri dubbi ai repubblicani” sulla loro costituzionalità. Più secco e meno diplomatico il ministro dell’Interno Gérald Darmanin. Il testo contiene “misure manifestamente e chiaramente contrarie alla Costituzione”, ha dichiarato ieri davanti al Senato Darmanin secondo la tv francese Bfm. “Il Consiglio costituzionale farà il suo dovere, ma la politica non è fare l’avvocato prima degli avvocati. La politica consiste nello sviluppare norme e vedere se sono conformi o meno alle nostre esigenze”, ha detto il ministro dell’Interno.

Il Consiglio costituzionale ha ora un mese per prendere una decisione. Ciò non può quindi costituire oggetto di alcun ricorso. Poi la promulgazione del testo, passaggio obbligato, spetta al Presidente della Repubblica Emmanuel Macron al quale appartiene tale autorità. Il Capo dello Stato ha 15 giorni di tempo per firmare la presente promulgazione prima della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Una delle ultime carte nelle mani dell’opposizione, e in particolare della sinistra, è invece un referendum di iniziativa condivisa. La consultazione popolare dovrà essere prima presentata al Consiglio Costituzionale che dovrà convalidarlo. Concretamente il testo dovrà essere sostenuto almeno da un quinto dei deputati del Parlamento (185 deputati e senatori).

Se sarà ritenuto valido dai Saggi, il referendum dovrà essere sostenuto da un decimo degli elettori iscritti nelle liste elettorali, ovvero da circa 4,8 milioni di cittadini.

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