Il patriarca di Gerusalemme dei Latini racconta la grave situazione
Roma, 17 dic. (askanews) – Il cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha raggiunto telefonicamente il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, per esprimere “la vicinanza delle Chiese in Italia alla comunità di Gaza all’indomani dell’attacco alla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia in cui hanno perso la vita la signora Nahida Khalil Anton con sua figlia Samar Kamal Antone e altre due persone sono rimaste gravemente ferite”.
Nel manifestare solidarietà alla popolazione duramente provata dal conflitto, il Presidente della Cei ha rinnovato l’appello per un immediato cessate il fuoco: “A pochi giorni dal Natale – ha detto – uniamo le nostre voci a quella di Papa Francesco ed eleviamo la nostra preghiera perché il rumore delle armi si trasformi in canto di pace. Il Bambino che viene ci invita a chinarci sul dolore di quanti stanno soffrendo a causa di questa guerra mondiale a pezzi, in particolare in Terra Santa. Auspichiamo che la comunità internazionale faccia ogni sforzo per arrivare ad una soluzione che garantisca i diritti di tutti, a partire da quelli al cibo e alle cure per la comunità palestinese”.
“E’ un Natale durissimo, abbiamo cancellato tutte le manifestazioni esterne, i festival musicali, tutte le cose che si fanno per Natale. Abbiamo tenuto solo le celebrazioni liturgiche e religiose, oltre alla feste per i bambini”. Lo ha detto il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, intervistato da “In Mezz’ora” su Raitre.
“A quelle”, ha detto alludendo alle feste per i bambini, intervistato da Monica Maggioni, “non si può rinunciare, ai bambini non le possiamo rubare queste cose. Per il resto l’atmosfera è di grande paura e di tensione, c’è odio ovunque”.
In Medio Oriente e a Gaza, “quello che rende la situazione oggettivamente anche più difficile, è che non si sa come e quando finirà e cosa ci sarà dopo”, ha aggiunto. Al cardinale sono stati chiesti aggiornamenti sulla situazione della comunità cristiana a Gaza. “Abbiamo con loro notizie quasi quotidiane, evidentemente quando la comunicazione è possibile”, ha spiegato, “700 sono nel complesso cattolico e 200 in quello ortodosso, parzialmente distrutto: per questo sono di meno. Ma sono vicini. Privati di tutto, naturalmente non c’è acqua, elettricità, gasolio, viveri ma anche le condizioni igieniche sono problematiche. Non sono attrezzati per questo genere di situazioni”.
“È molto difficile”, ha aggiunto, “perché le operazioni militari sono proprio in quella zona, bombe e cecchini – degli uni e degli altri – tutt’intorno. Con enorme difficoltà, anche con tanta paura e danni collaterali. I serbatoi di acqua – l’acqua è preziosissima – sono stati distrutti e il sacerdote che è lì ha dovuto chiudere perchè la gente neanche vuole uscire: due persone che passavano lì davanti sono state centrate, sono morte e sono ancora lì. Non si riesce nemmeno ad andare a prendere i corpi…Morti in strada. Una situazione di grande precarietà e tanta paura”.
“Quello che poi rende la situazione oggettivamente anche più difficile, perché non è la prima volta che c’è la crisi, è che non si sa come e quando finirà e cosa ci sarà dopo”, ha sottolineato, “Questa incertezza rende tutto” più complicato. (Cos/Fco/Int2)