Rivedere codice navigazione per più occupazione e turnover
Roma, 13 dic. (askanews) – La pesca professionale fatica a formare gli equipaggi o a trovare persone cui affidare il comando di un peschereccio. E per scongiurare il rischio nel prossimo futuro di vedere pescherecci fermi in porto per mancanza di addetti, l’Alleanza Cooperative Pesca e Acquacoltura chiede di apportare modifiche al codice della navigazione per favorire occupazione e ricambio generazionale.
Richieste presentate nel corso di una audizione, presso l’VIII Commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica del Senato della Repubblica, sul disegno di legge n°673 che prevede modifiche al codice della navigazione e ad altre disposizioni normative in materia di lavoro marittimo.
Una svolta semplificativa, quella auspicata dalla cooperazione per rimuovere gli ostacoli che frenano l’accesso di nuova forza lavoro come l’impossibilità di affidare il ruolo del comandante ad un cittadino extra comunitario. “I pescatori imbarcati – spiega l’Alleanza – sono circa 22 mila, il 16% in meno di dieci anni fa, mentre quelli che operano a terra sono oltre 100 mila, per un totale che si aggira attorno ai 125 mila lavoratori, escluso l’indotto. Diminuiscono i pescatori ma anche la flotta che in un decennio ha registrato oltre -20% di imbarcazioni. A crescere – conclude l’Alleanza – solo il consumo annuo di prodotti ittici pro-capite che si attesta circa 25 chilogrammi, ma che viene soddisfatto in larga parte dalle importazioni in costante crescita negli ultimi quindici anni. Bisogna invertire questo trend”.
Tra le richieste della cooperazione c’è la rimozione dell’impedimento di conferire il comando dell’unità di pesca ai soli cittadini europei e la revisione dei limiti legati ai confini delle zone di pesca che impediscono alla flotta d’altura di raggiungere le aree di pesca ad est, divenute oggi strategiche da quando il canale di Sicilia non è più navigabile a causa della prolungata instabilità libica e della pericolosità di quelle acque, a lungo zone di lavoro della flotta nazionale dedita allo strascico.