Divieto non chiude la discussione, la apre
Roma, 11 dic. (askanews) – “Non ridurre a battaglia ideologica un tema complesso, che ha a che fare con il sistema alimentare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare”. E’ l’appello di Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, sul disegno di legge proposto dal governo e appena firmato dal presidente della Repubblica.
Il divieto alla produzione e vendita della carne coltivata secondo Slow Food “non chiude la discussione: la apre. Non servono provvedimenti che vietino la produzione e la vendita di alimenti prodotti da colture cellulari o tessuti di animali come quello appena divenuto ufficialmente legge, ma informazioni corrette, che consentano a tutti di scegliere. Proibire è una scorciatoia. Serve un’analisi onesta, capace di accogliere la complessità”.
Secondo Slow Food, il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori, ma si affronta analizzando e modificando il modello che ha originato questa distorsione. “Oggi una manciata di multinazionali controlla quasi tutto: la produzione di semi, fertilizzanti chimici, pesticidi, mangimi, prodotti farmaceutici; la genetica animale, l’allevamento, la macellazione, la distribuzione; perfino le compagnie nautiche che trasportano mangimi e farine attraverso il globo”, continua Nappini.
L’invito che lancia oggi Slow Food Italia è questo: “vogliamo aprire una riflessione su un modello diverso di allevamento, che si ponga onestamente delle domande sull’accesso alle risorse naturali e sul diritto alla sovranità alimentare”, conclude Nappini. Un modello che si ricolleghi al suolo, al foraggio dei prati stabili e dei pascoli, che tenga in considerazione l’etologia degli animali e la rispetti. Su regimi alimentari più equilibrati, che prevedano una riduzione del consumo di carne e un incremento dell’apporto proteico vegetale, tramite i preziosi legumi, che arricchiscono il suolo e richiedono poca acqua.