Roma, 6 dic. (askanews) – “È un viaggio dell’eroe, l’odissea di due giovani che non scappano dalla guerra o dalla fame. Lasciano la loro terra perché sognano l’Europa vista sui social o nei video di Youtube attraverso gli schermi degli smartphone”.

A parlare è il regista Matteo Garrone, arrivato a New York per presentare Io Capitano, film che ha aperto il 4 dicembre a New York la rassegna “Italy on Screen Today”, sostenuta dal Ministero della Cultura e da tutte le istituzioni culturali italiane a NYC.

Per il film di Garrone, candidato dall’Italia agli Oscar 2024 nella categoria Miglior Film Internazionale, è anche l’anteprima nella metropoli statunitense dopo la premiere americana all’AFI Film Festival di Los Angeles. ma questo film, come sottolinea lo stesso regista, riguarda speranze e drammi della emigrazione ovunque, anche negli Stati Uniti-

La storia è quella di due giovani cugini senegalesi, Seydou e Moussa, interpretati dagli attori alle prime armi Seydou Sarr (premiato al festival di Venezia) e Moustapha Fall, che mettono da parte tutti i soldi che riescono a racimolare con lavori saltuari.

Non stanno male, ma aspirano a una vita migliore. “L’Europa non è affatto come la immaginate”; “Troppo pericoloso il viaggio attraverso il deserto del Sahara”. Nonostante gli avvertimenti, Seydou e Moussa decidono di partire senza dir nulla a nessuno verso quella terra che promette di realizzare i loro sogni.

Ciò che inizia come un’avventura si trasforma in estorsione, sfruttamento e morte mentre i due cugini si dirigono verso Nord attraverso il Niger e la Libia fino ai margini del Mediterraneo. Da un certo punto in poi, il viaggio è affidato a Seydou, a cui il titolo fa riferimento.

Dalla sua uscita nelle sale, il film continua a riscuotere grande successo di pubblico. Al riguardo Garrone rivela: “Sto accompagnando Io Capitano in giro per il mondo e mi colpisce la reazione emotiva e forte del pubblico.

Il viaggio intrapreso da due giovani africani è raccontato come un’avventura, seppur dolorosa, ed è questo che lo ha reso accessibile a spettatori di tutte le età e di ogni convinzione politica. Ad andare in sala non sono solo coloro che hanno a cuore la sorte di essere umani che affrontano i rischi del mare per raggiungere l’Europa, ma anche chi è abituato a seguire solo le notizie e i dibattiti politici in Italia in generale”.

Secondo gli ultimi dati finora nel 2023, i migranti che sono approdati sulle sue coste meridionali italiane si aggirano intorno a 151mila. Secondo i dati dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, si stima che sempre quest’anno, 1.453 siano morti o dispersi nelle acque del Mediterraneo.

Io Capitano non mostra interesse nel racconto documentaristico o nel cinema verità. “Volevo mostrare una parte del viaggio che di solito non vediamo: le violenze della polizia libica e le tortura nei centri di detenzione in Libia, lo schiavismo”, spiega Garrone. “Ci inondano di dati sull’immigrazione ma dietro quei numeri, ci sono essere umani come noi. La mia intenzione era superare stereotipi e semplificazioni, su un fenomeno che tutti siamo convinti di conoscere”.

Per farlo Garrone si è ispirato alla vera storia di Mamadou Kouassi, che ha partecipato alla stesura della sceneggiatura. Koussi è partito dalla Costa d’Avorio con suo cugino circa 15 anni fa. Ora vive Caserta, vicino a Napoli, in Italia, ed è un mediatore culturale tra le autorità locali e i nuovi migranti, aiutandoli a condividere le loro storie.

“Come i protagonisti del mio film – continua Garrone – anche Koussi ha voluto accedere alle stesse possibilità dei suoi coetanei europei, liberi di muoversi, viaggiare all’estero senza alcuna restrizione, anche solo per seguire un sogno”.

Nel contesto della crescente attenzione europea verso l’immigrazione, Io Capitano si inserisce da protagonista nel dibattito ma ne capovolge la prospettiva.

“Per troppo tempo l’Occidente ha parlato di Africa al posto dell’Africa. Era necessario invertire la prospettiva, raccontare viaggi dei migranti dall’Africa all’Europa attraverso i loro occhi, permettendo al pubblico di rivivere le emozioni, le paure e le sofferenze di persone che nella narrazione ufficiale si trasformano in statistiche. Ed è solo in questo modo che si possono scuotere le coscienze e innescare un cambiamento reale. E non mi riferisco solo all’Europa, ma anche agli Stati Uniti”.

Il film di Garrone arriva in un momento in cui New York fa i conti con una potente ondata migratoria proveniente soprattutto dal Venezuela e dal Centro America. “Spero che la pellicola riesca a stimolare una riflessione profonda anche nel pubblico americano, perché quella di Io, Capitano è una storia universale i cui temi interessano anche questo Paese dove tutti sono immigrati e dove la schiavitù è una ferita ancora aperta”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *