Cos’è e quali rischi comporta? I consigli dell’esperto Andrea Unger
Roma, 28 nov. (askanews) – Ormai sta spopolando e sempre più italiani cercano di guadagnare tradando le partite di calcio della Juventus, del Milan o dell’Inter. Ma cos’è il trading sportivo? Come funziona, quali rischi comporta e perché piace così tanto agli amanti delle scommesse? Ma, soprattutto, è davvero simile al trading finanziario?
“Il trading sportivo – spiega Andrea Unger che, nel trading finanziario, è stato l’unico ad aver vinto per quattro volte il Campione del mondo – non significa piazzare semplicemente una scommessa e attendere cosa accade per sapere se si è vinto o si è perso. Il trading sportivo richiede maggiori competenze e conoscenze rispetto alle scommesse classiche, in quanto il trader deve essere in grado analizzare le variabili che influenzano il mercato, come ad esempio i dati statistici, l’andamento live dell’incontro e prendere decisioni informate in base alle proprie previsioni”.
Il trading sportivo insomma è una forma di trading in cui il trader compra e vende quote in base alle proprie previsioni sul mercato. Offre maggiore flessibilità rispetto alle scommesse classiche, in quanto il trader può modificare la propria posizione in qualsiasi momento, ad esempio vendendo quote per ottenere un profitto o minimizzare una perdita. Tutto questo è possibile grazie a una funzione specifica del trading sportivo che è il cash out, cioè la possibilità di uscire dal mercato per incassare subito la vincita in caso di andamento positivo del pronostico, o di limitare la perdita nel caso di andamento negativo: “Sembra facile – ammonisce Unger – ma non lo è affatto. Tutto questo deve essere infatti frutto di uno studio accurato e ha ovviamente i suoi potenziali rischi”.
Il trader sportivo dunque gioca sull’andamento di una quota durante lo svolgimento di un incontro e, in questo, ha delle similitudini molto marcate con chi gioca sui mercati finanziari: “E, come dicevo, anche i rischi sono paragonabili -afferma Unger. É chiaro, che se uno gioca a livello amatoriale gli spicci che ha in tasca con il solo scopo di divertirsi, è un conto e ovviamente è una pratica accettabile. Se invece ci si dedica in maniera più importante rischiando capitali significativi, è necessario adottare qualche precauzione. La prima cosa da fare è informarsi bene, ma molto bene, su dove si vanno a mettere i soldi, ovvero in quale broker si vanno a depositare gli importi che poi serviranno per fare le operazioni. La seconda, invece, è investire basandosi sui dati e non sui propri sentimenti. Questo è sempre vero, lo è di più quando oggetto del lavoro è un incontro sportivo”.
Noi tutti siamo opinionisti di calcio, di tennis e, all’occorrenza, anche di basket. Ma il tifo, nel trading sportivo, può essere pericoloso, può fare perdere denaro: “Per questo -sottolinea Unger- bisogna stilare necessariamente un piano d’azione che abbia una base logica e statistica. Ma non basta fare solo questo. L’altro aspetto sul quale porre attenzione è che questa attività non potrà mai diventare una professione stabile e concreta, perché comunque le cifre in gioco non arrivano a livelli tali da mettersi al riparo dai momenti di difficoltà che possono sempre esserci. Con la possibilità che si possa cadere nella ludopatia, dove non si conosce più il confine tra il divertimento fine a se stesso e un’iperattività che, alla fine, diventa dannosa. Bisogna insomma evitare un circolo vizioso che spesso porta alla rovina economica le persone”.
Mai farsi travolgere, dunque: “E mai – aggiunge Unger – farsi ingannare dai fuffaguru che stanno proliferando in questo settore. Si tratta di persone che cercano di trarre un loro unico tornaconto, propinando consigli a pagamento. Bisogna fare attenzione, verificando che tipo di competenze abbia, che tipo di capacità abbia dimostrato e anche che tipo di risultati possa aver fatto ottenere seriamente a chi l’ha seguito. Purtroppo improvvisarsi esperti di qualcosa, per trarne un guadagno economico a danno di altri, è una moda molto diffusa non solo italiana, ma anche mondiale. E bisogna assolutamente difendersi”.