“Sciopero deciso prima di manovra. No Schlein ad Atreju? Bertinotti venne”
Zagabria, 17 nov. (askanews) – Il ritorno alle vecchie regole del Patto di stabilità sarebbe “esiziale” per l’economia, ma d’altro canto per l’Italia sarebbe “folle” accettare una “soluzione non sostenibile”. La scadenza del termine per approvare la nuova governance dell’Ue (il 31 dicembre) si avvicina, le distanze tra i partner sono ancora molto ampie e Giorgia Meloni torna a lanciare l’allarme sul rischio di uno stallo del negoziato. La premier parla a Zagabria, al termine di una visita di due giorni che l’ha vista ieri sera alla cena sull’Agenda strategica organizzata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel (con cui poi ha avuto un lungo colloquio) e oggi a un incontro bilaterale con il primo ministro croato Andrej Plenkovic.
Sul nuovo Patto di stabilità, dice Meloni in dichiarazioni alla stampa nel Palazzo del Governo, “mi pare che si stiano facendo passi in avanti perchè si è compreso che il ritorno ai vecchi parametri sarebbe esiziale per l’economia, ma sono passi per l’Italia ancora insufficienti bisogna lavorare ancora e di più”. Per la premier la richiesta è sempre quella dello scorporo degli investimenti nelle transizioni energetica e digitale e nella difesa. Non farlo, per lei, sarebbe “miope”. Sul punto Meloni torna poco dopo, incontrando la stampa italiana. A chi le chiede se l’Italia sia pronta a mettere il ‘veto’ su una proposta non ritenuta adeguata, la presidente del Consiglio risponde che l’Italia cerca una “soluzione sostenibile” perchè sarebbe “folle” e “controproducente” accettare una “soluzione non sostenibile”. Dunque “se io devo impegnarmi a rispettare un Patto che so di non poter rispettare il problema me lo dovrò porre perchè preferisco non essere nella condizione di rispettare un patto che non ho votato”. Però, smorza, “non credo che arriveremo lì. Le posizioni che sta portando avanti l’Italia sono più che sensate per molti Paesi”.
Intanto in attesa del giudizio di Moody’s sul rating dell’Italia (“Vediamo, vediamo…”, si limita a dire) c’è da fare i conti con la protesta nelle piazze contro la manovra e i sindacati che accusano il governo di “bullismo istituzionale” per la precettazione dello sciopero. Accusa che Meloni torna a respingere, sostenendo che “c’è stato il pronunciamento di una autorità indipendente” e che il governo ha avuto “un ruolo marginale”. Meloni non sconfessa la ‘linea dura’ di Matteo Salvini, definisce un “atto dovuto” la precettazione, per garantire il diritto di sciopero ma anche quello degli utenti, e pur assicurando di avere “grande rispetto per i diritti dei lavoratori e gli scioperi” cerca di smontare le motivazioni della protesta: “Nel merito lo sciopero contro la manovra è stato lanciato in estate quando non avevo ancora cominciato a pensarla”. Per lei dunque quello di oggi è stato – nella sostanza – uno sciopero ‘politico’ contro il governo.
Alla politica interna la premier è richiamata dai giornalisti che le chiedono un commento sul ‘no’ della segretaria del Pd Elly Schlein all’invito a partecipare ad Atreju, la festa di Fdi in programma a metà dicembre. Da un lato Meloni dice che “non mi sento di giudicare” la scelta della leader Dem, ma dall’altro la attacca, evocando la decisione contraria di altre figure di primo piano della sinistra italiana. “Atreju – sottolinea – è una festa aperta per antonomasia, la prima festa ad immaginare confronti tra leader molto diversi. Bertinotti non aveva timore a presentarsi e dialogare, prendo atto che le cose sono cambiate”. Dunque, le viene chiesto, Schlein ha timore? “Non so le sue motivazioni” ma in passato “sono venuti quasi tutti, Gentiloni, Letta… E’ una delle primissime volte in cui qualcuno dice di no”.
Sul tavolo degli incontri di Zagabria, naturalmente, Meloni ha posto anche la questione dei migranti. Con Plenkovic ha parlato della rotta balcanica e della sospensione di Schengen (una “scelta transitoria che siamo pronti a riconsiderare in ogni momento”) ma a far discutere è soprattutto l’accordo con l’Albania per la realizzazione di due centri per migranti, di cui ha parlato anche con Michel. Un accordo “innovativo e intelligente”, lo definisce, che se funziona può essere un “esempio da replicare”. Certo mettere nero su bianco, con norme concrete, l’intesa ‘politica’ non sarà facile, per vari problemi come quello della definizione del “giudice naturale”. Meloni dice di “non comprendere il nervosismo” sul tema ma per la prima volta apre a un passaggio parlamentare: “Sono norme che definiamo, che definiremo con il Parlamento” ma comunque “la giurisdizione che rimane italiana offre tutte le garanzie”.