Blinken in Turchia. Direttore Cia arrivato a Tel Aviv. Usa schierano sommergibile
Roma, 6 nov. (askanews) – Gaza City è “completamente circondata” e la Striscia è di fatto tagliata in due dalla presenza dei militari israeliani, ha confermato l’esercito in un aggiornamento della sua offensiva di terra contro Hamas che ha raggiunto la costa mediterranea. E l’esercito israeliano ha nuovamente invitato i civili a lasciare il nord della Striscia, dove si concentrano i combattimenti contro Hamas e ha detto di aver riaperto il passaggio verso Sud per alcune ore.
“Saremo meno limitati” ad agire e “quindi in grado di smantellare Hamas, roccaforte dopo roccaforte, battaglione dopo battaglione, fino a raggiungere l’obiettivo finale, che è quello di liberare la Striscia di Gaza – l’intera Striscia di Gaza – da Hamas”, ha detto nel suo briefing mattutino il portavoce Jonathan Conricus.
Intanto, gli Stati uniti proseguono l’ampio lavoro diplomatico a livelllo regionale e internazionale. Mentre il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in Turchia, sua ultima tappa nella regione prima di dirigersi in Asia, il direttore della Cia Burns è da ieri sera in Israele per con l’intelligence locale e quelle dei Paesi vicini.
Il New York Times scrive che, secondo funzionari statunitensi, l’amministrazione Biden ha chiarito all’Iran e a Hezbollah attraverso i partner regionali che gli Stati Uniti interverranno militarmente se attaccano Israele. Parole veicolate anche durante i diversi incontri di Blinken, in particolare quello di ieri sera a Baghdad con il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani. Poche ore prima Blinken aveva incontrato a Ramalla, il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen che ha affermato che la Striscia di Gaza è “una parte inseparabile dello Stato palestinese” e che l’Anp è pronta ad assumersi la piena responsabilità nel quadro di una soluzione politica globale per l’intera area della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme Est.A poche ore dalla visita di Blinken a Baghdad, i media iracheni hanno riportato che due basi militari americane in Iraq sono state prese di mira da droni. Secondo l’agenzia irachena Shafaq le basi “Al-Asad” nell’Iraq occidentale e “Al-Tanf” sui confini siriano-iracheno-giordano sono state prese di mira da droni. Inoltre, un terzo drone è entrato in azione nelle vicinanze della base militare di Al-Tanf, il territorio siriano, ed è stato anch’esso intercettato con successo.
Per scoraggiare un’espansione del conflitto e per ribadire il sostegno alla difesa di Israele, lo United States Central Command (CENTCOM), il Comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti, ha annunciato con un breve messaggio sui social che “il 5 novembre 2023 un sommergibile classe Ohio è arrivato nell’area di responsabilità del Comando Centrale degli Stati Uniti” in Medio Oriente. Si tratta di un sottomarino lanciamissili balistici a propulsione nucleare. Il sottomarino si aggiunge a due portaerei USA già presenti di fronte a Israele (la USS Gerald R. Ford e la USS Dwight D. Eisenhower), con al seguito un “gruppo d’assalto” formato da vari incrociatori lanciamissili e cacciatorpedinieri.
Azioni che collidono con le promesse degli Stati uniti al popolo palestinese e che incoraggiano Israele a uccidere i palestinesi secondo il presidente iraniano Ebrahim Raisi: “Questi orribili crimini contro l’umanità costituiscono un genocidio, portato avanti dal regime sionista con l’appoggio degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei – ha accusato Raisi – L’aiuto degli Stati Uniti al regime sionista lo incoraggia a uccidere e a perpetrare atti crudeli contro il popolo palestinese. L’affermazione degli americani di voler aiutare Gaza è una falsa promessa, che non è coerente con le loro azioni”. Intanto, il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib ha dichiarato domenica alla CNN che il governo sta lavorando con Hezbollah e i gruppi palestinesi in Libano per evitare una guerra: “Stiamo lavorando con Hezbollah e altre organizzazioni palestinesi per evitare una guerra, e vorremmo che anche gli Stati Uniti facessero pressione su Israele affinché non inizi una guerra”. Bou Habib ha detto che Israele provoca il Libano “ogni giorno” e ha affermato di credere che Hezbollah non voglia una guerra: “Abbiamo l’impressione, non ce l’hanno detto, ma abbiamo l’impressione che non ci sarà una grande guerra a meno che Israele non attacchi il Libano o che la situazione si faccia molto grave a Gaza”.