Mismatch non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore
La carenza di lavoratori è responsabile di perdite per 28 miliardi di euro, pari all’1,5% del PIL. È quanto emerge dal focus di Censis-Confcooperative “Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni”, che stima gli effetti economici delle carenze occupazionali sulla base dei tassi di occupazione e di posti vacanti nelle industrie e nei servizi.
“Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore così come potrebbero”, dice Maurizio Gardini presidente di Confcooperative.
“Se tutte le imprese avessero tutti i posti di lavoro professionali necessari, nel 2023 il PIL avrebbe raggiunto i 1.810 miliardi di euro; 28 miliardi di euro, pari all’1,5% del PIL, sono un onere enorme per il Paese”.
L’invecchiamento della forza lavoro, lo squilibrio nella ridistribuzione del lavoro tra le regioni più dinamiche e quelle colpite da condizioni economiche sfavorevoli, le mutate aspettative nei confronti del lavoro e le richieste di un maggiore riconoscimento delle competenze sono fattori che contribuiscono alla mancanza di corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro.
Tutto ciò comporta costi economici che aumentano di anno in anno, secondo Confcooperative: 1,2% del PIL nel 2021, per arrivare all’attuale 1,5% del PIL.
Secondo il rapporto Censis-Confcooperative, tra le persone in cerca di occupazione, la forza lavoro (occupati e disoccupati), e in particolare la popolazione di 15 anni e più, si sta riducendo.
Negli ultimi anni questa situazione è sempre più critica: Il numero di occupati di età pari o superiore a 15 anni è aumentato di circa 800mila unità nell’ultimo decennio, con un incremento del 3,6% rispetto al 2012.
Sempre nell’anno 2022 risultavano ancora occupati 687mila individui con un’età uguale o superiore ai 65 anni. Tra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è cresciuta del 72,2%.
Nel 2022, secondo uno studio del Censis-Confcooperative, sono andati in pensione 1.047mila dipendenti. Di questi, circa 700mila (7 su 10) sono stati riassunti entro tre mesi (66,9% del totale dei pensionamenti volontari).
Si tratta di una chiara tendenza al rialzo rispetto all’era pre-Covid, quando nel 2019 i pensionamenti volontari hanno riguardato poco più di 810mila persone, il 63,2% delle quali è stato riassunto entro tre mesi (quasi -4% rispetto al 2022).
Nell’anno 2012, il 13,1% delle persone era insoddisfatto del proprio lavoro in relazione alle proprie competenze. Dieci anni più tardi la percentuale ha raggiunto il 36,1%.
Ciro Di Pietro
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