A Torino anche la mostra su Lucy McKenzie
Torino, 2 nov. (askanews) – Le automobili, i motori, le strade. Ma anche le immagini del potere e della cultura popolare che tornano in una veste diversa, che in un qualche modo ha anticipato, decenni fa, le strutture alla base dell’armatura tecnologica che ora domina il nostro presente, a livello di immagini, ma anche di processi. In Pinacoteca Agnelli a Torino ha inaugurato la mostra “Form Form Superform”, dedicata all’artista tedesco classe 1937 Thomas Bayrle che ha lavorato, come ci ha detto la direttrice del museo, Sarah Cosulich, sull’idea della ripetizione.
“Questa ripetizione – ha detto ad askanews – lo ha portato a creare fin dai primi anni Sessanta le Superfome quindi immagini fatte di tante altre piccole immagini, che lui collegava a fenomeni molto diversi: all’economia, alla finanza, addirittura alla spiritualità, fino alla gestualità ripetuta del sesso”.
Le opere si basano su pattern ripetuti, che sono anche una possibile metafora del conformismo del nostro tempo, ma che hanno la forza di fare cambiare prospettiva sui soggetti raffigurati, e questo, quando si tratta di potere per esempio, è un atteggiamento dirompente. Ma l’interesse di Bayrle è anche legato alla civiltà dell’automobile e alle sue dinamiche di produzione.
“Siamo in un luogo particolarmente simbolico e pertinente – ha aggiunto la direttrice – perché Bayrle ha guardato con grande fascino alla produzione industriale, alla fabbrica e in particolare all’ex fabbrica FIAT del Lingotto, che è venuto a visitare”.
Accanto a questa mostra principale proseguono anche altri progetti della pinacoteca, come quelli dedicati a raccontare in chiave contemporanea la collezione permanente del museo. Da qui il nuovo appuntamento del ciclo “Beyond Pinacoteca Agnelli”, che ha portato l’artista britannica Lucy McKenzie a confrontarsi con due statue di Antonio Canova. La curatrice Lucrezia Calabrò Visconti: “Lucy è un’artista che lavora moltissimo su quella che è la storia sociale che sta dietro alla storia dell’arte – ci ha detto – e anche dietro a ciò che consideriamo storia dell’arte e che abbiamo accettato e legittimato all’interno dei musei, e ciò che invece non ha avuto quella legittimazione, quindi le arti decorative, il design, la moda”.
Da qui i manichini, gli abiti che indossano, ma anche le storie che si portano dietro. Il tutto in relazione anche con una grande tela che crea tre diverse dimensioni spaziali e politiche.
“Quello di cui racconta questa installazione di Lucy McKenzie – ha aggiunto la curatrice – è il modo in cui i simboli si trasformano, come le sculture dall’antichità fino ai manichini contemporanei aiutino questa trasformazione senza che ce ne rendiamo troppo conto”.
Un’altra novità della Pinacoteca sono le nuove opere d’arte allestite sulla pista, in quel museo a cielo aperto che è anche un giardino pensile sopra Torino e la sua storia.