Presidente Imprese per la Vita: non solo fatto economico serve educare giovani

Roma, 26 ott. (askanews) – “Spesso quando si parla di denatalità, si parla dell’aspetto economico, del futuro incerto, di poca sussistenza alla famiglia, tutto vero, ma poi se guardiamo l’oggettività delle cose ci rendiamo conto che la denatalità è un fenomeno che appartiene ai Paesi più ricchi e sviluppati. Sono molti i fattori incidenti sulla causa, meno di tutti quello dell’incertezza del domani. L’aspetto economico, le spese da sostenere sono fattori importanti (bisogna sostenere la famiglia), ma non sono gli unici; infatti, il calo della denatalità è un problema che ha cause antropologiche, culturali del nostro tempo e della società in cui viviamo, una società che si proietta in una visione egoistica, incentrata sull’IO, ed incapace di declinare il “NOI”. Sin da giovanissimi, i ragazzi si preoccupano della performance, di realizzarsi nella vita, non si considera il figlio come ricchezza, non si investe sui figli perché tolgono lo spazio e il tempo alla costruzione del proprio percorso, e nel caso delle donne, sempre più spesso, ci si ricorda troppo tardi del desiderio di maternità. Manca nei giovani la visione del futuro proiettata in un progetto di procreazione, di genitorialità. Come se si fossero dimenticati dell’istinto alla procreazione che è l’unico, vero e naturale istinto che gli appartiene. Dobbiamo lavorare in modo sistemico sul tessuto sociale e culturale. Viviamo un tempo di grandi incertezze, nascono nuovi conflitti, ma il figlio è una speranza; anche durante le guerre passate si facevano più figli rispetto ad oggi, il figlio conferma la fiducia nella vita che continua, che non sminuisce la coppia. Educare i nostri giovani al sentimento ed avvalerci del sistema scolastico per farlo in modo corretto”.

Lo ha detto Donatella Possemato, Presidente di Imprese per la Vita Onlus, a margine del del Salone della Giustizia.

“Prestare attenzione alla condizione della donna, oggi proiettata nel mondo del lavoro e protagonista in molti contesti. Nonostante l’evoluzione dei tempi, quando la donna decide di avere un figlio, si trova ancora di fronte a scelte che la penalizzano (scelta tra carriera e figli). In una società dove spesso la coppia è lontana dalla famiglia di origine, e non ci sono i nonni ad aiutare, la gestione di un figlio può risultare difficile laddove non c’è un welfare che sostiene la famiglia. In Italia le donne hanno il primo figlio dopo i 32 anni, età in cui una donna si inserisce/cresce nel lavoro: per fortuna ci sono sempre più aziende anche in Italia che si organizzano per le loro dipendenti-mamme; è chiaro che un welfare attivo è fondamentale, ma prima di intervenire sulla coppia, dobbiamo partire da educare i giovani di oggi affinché arrivino ai 30 anni con il desiderio di fare figli, consapevoli dell’istinto alla genitorialità che è insito nell’uomo”, ha aggiunto.

Per Possemato una “donna che è anche mamma al governo è un segnale importante. Mi auguro che il nostro premier, che ha a cuore il problema della natalità, possa anche confrontarsi con le esperienze reali sul campo, non si può pensare di invertire questa triste tendenza intervenendo soltanto con i sussidi economici alle famiglie (seppure necessari), confrontarsi con chi vive queste esperienze quotidianamente ed ha una chiara visione e misura di quanto le misure a supporto della natalità debbano essere congiunte”.

Necessario, segnala ancora Possemato, “prestare attenzione alla condizione della donna, oggi proiettata nel mondo del lavoro e protagonista in molti contesti. Nonostante l’evoluzione dei tempi, quando la donna decide di avere un figlio, si trova ancora di fronte a scelte che la penalizzano (scelta tra carriera e figli). In una società dove spesso la coppia è lontana dalla famiglia di origine, e non ci sono i nonni ad aiutare, la gestione di un figlio può risultare difficile laddove non c’è un welfare che sostiene la famiglia. In Italia le donne hanno il primo figlio dopo i 32 anni, età in cui una donna si inserisce/cresce nel lavoro, per fortuna ci sono sempre più aziende anche in Italia che si organizzano per le loro dipendenti-mamme; è chiaro che un welfare attivo è fondamentale, ma prima di intervenire sulla coppia, dobbiamo partire da educare i giovani di oggi affinché arrivino ai 30 anni con il desiderio di fare figli, consapevoli dell’istinto alla genitorialità che è insito nell’uomo. Ci sono misure intraprese da aziende illuminate che hanno incentivato il lavoro per le madri, congedo maternità (smart working), spazio biberon in azienda, tutte iniziative che dovrebbero essere incentivate dallo Stato, e lo Stato dovrebbe sostenere l’impiego di personale che si occupi dei bambini in questi spazi mentre le mamme lavorano. Le aziende che si organizzano in questa maniera andrebbero premiate”.

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