Laureandi in Medicine and Surgery entrano nel triennio clinico

Roma, 13 ott. (askanews) – “Non abbiate mai paura di sbagliare, perché alcune fra le più brillanti scoperte scientifiche sono nate da profondi fallimenti iniziali” – così il professor Ignazio Marino, Executive Vice President for Jefferson International Innovative Strategic Ventures della Thomas Jefferson University, ha incoraggiato le studentesse e gli studenti del Corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicine and Surgery della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, in uno dei passaggi più significativi del suo Keynote Address nella White Coat ceremony che si è tenuta nel campus di Roma dell’Ateneo nel pomeriggio di ieri 12 ottobre. Dopo la partecipazione di due studenti iscritti nel percorso di Triple Degree del Corso di laurea in Medicine and Surgery alla solenne White Coat ceremony della Thomas Jefferson University nello scorso mese di luglio, il campus di Roma dell’Università Cattolica vive ancora una volta l’emozione e il significato dell’evento che in Italia segna l’ingresso dei medici nelle corsie degli ospedali, dopo la frequenza del primo triennio di studi.

La cerimonia è stata aperta dal saluto istituzionale del professor Alessandro Sgambato, Vicepreside della Facoltà: “Alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica cerchiamo ogni giorno di trasmettere agli studenti strumenti scientifici e clinici per diventare buoni medici, assicurando la migliore didattica e pratica medica innovativa anche grazie alle attività svolte al Policlinico Gemelli. Ogni giorno ci impegniamo anche nella ricerca per introdurre nella pratica clinica le procedure e i farmaci più innovativi. Soprattutto, forniamo un servizio alla nostra comunità”. “Vogliamo però che i nostri studenti – ha continuato Sgambato – imparino non solo ad essere dei medici eccellenti, ma anche ad essere delle brave persone, professionisti ed esperti della salute che mettono al primo posto le esigenze dei pazienti, delle loro famiglie, dei caregiver perché curare un paziente, agire da medico, significa anche e innanzitutto prendersi cura della persona”. “Oggi questi studenti – ha concluso il Vicepreside – iniziano un percorso bello, ma difficile e impegnativo che li porterà a diventare ottimi medici. Ma non sarà facile, e il sostegno di familiari e amici, oltre che di docenti e tutor, sarà fondamentale: tutti noi vi assicuriamo che questo sostegno ci sarà”. Tante le suggestioni del Keynote address: la differenza fra essere e fare il medico, le sfide sollevate dall’innovazione tecnologica, come l’intelligenza artificiale, soprattutto relativamente alla necessità di mantenere il contatto umano ed empatico con il paziente, l’importanza del coraggio e il valore dell’errore anche nell’esercizio della professione medica: “Siate perseveranti – ha continuato Marino -, ma soprattutto curate fin dall’inizio il rapporto con il paziente: solo questo vi permetterà di “essere medici” anziché semplicemente di “fare i medici”. Poiché certamente un’epoca come quella in cui vi apprestate ad operare, ricchissima di continue rivoluzioni tecnologiche, costituisce al tempo stesso uno strumento preziosissimo, ma anche una pericolosa minaccia alla conservazione di un approccio empatico”.

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