Cali produttivi al Centro Nord; i prezzi restano elevati

Roma, 12 ott. (askanews) – La produzione di olio di oliva italiana nel 2023/24 dovrebbe attestarsi intorno alle 290mila tonnellate, con un aumento del 20% circa rispetto alle 240.000 tonnellate del 2022. Al Centro-Nord si registrano importanti cali produttivi, mentre al Sud la situazione è migliore ma non è comunque omogenea. I prezzi alla produzione restano elevati e si dovrebbero attestare tra 915 euro e 925 euro a quintale. Lo ha detto ad Askanews Walter Placida, presidente della Federazione nazionale di Prodotto olio (Fnp) di Confagricoltura.

Sulla raccolta, ovviamente, ha influito e influirà molto la questione meteorologica, spiega Placida: “potrebbe anche essere leggermente inferiore se non dovesse piovere, mentre se piovesse e facesse un po’ meno caldo le rese potrebbero anche aumentare del 15%-20%”. Al momento, le piogge di settembre “non hanno ancora colmato la disidratazione degli ulivi e ci sono difficoltà in raccolta perchè i frutti sono disidratati e gli alberi sofferenti”.

Il dato della produzione italiana, pur se in lieve crescita come previsto anche dalla Commissione europea nell’ultimo rapporto sulle prospettive agricole, si deve leggere nel contesto di un paese che è il principale consumatore di olio di oliva, con 500mila tonnellate annue. “Con una produzione di 290mila tonnellate supereremo di poco il 50% del fabbisogno interno, quindi saremo comunque costretti ad acquistare prodotto sia per il consumo interno sia per le esportazioni”, precisa Placida.

Quanto alle zone di produzione, “si registrano dei cali importanti nelle aree del Centro Nord. Al sud, dove si fa il 90% della produzione totale italiana, la produzione non è omogenea. In Puglia la raccolta va bene, salvo in alcune aree dell’alto Barese – spiega l’esponente di Confagricoltura – dove ci sono stati dei danni da grandine, anche la Calabria ha una buona produzione al Centro Nord, mentre le zone più a Sud hanno meno volumi”.

Secondo le stime di Confagricoltura, l’andamento dei prezzi alla produzione sarà quindi tra i 9,15 e i 9,25 euro a litro. Con ovvie ripercussioni a scaffale per i consumatori. “Già oggi sono visibili aumenti a scaffale di circa il 50% rispetto a gennaio e di circa il 60-65% rispetto agli andamenti degli ultimi 5 anni – ha detto Placida – Il rischio di prezzi molto più alti per il consumatore è concreto”.

Aumenti che potrebbero tradursi in un calo degli acquisti, visto che la Commissione Europea già stima una contrazione del 6% per i consumi di olio di oliva e specialmente in Spagna e Italia. “Non tutti posso comprare un litro di olio a 12 o 15 euro, soprattutto perché psicologicamente abituati a comprarlo a 3,70 euro – ha riconosciuto Placida – ma possiamo vedere questa come una occasione: forse così l’olio di oliva italiano potrebbe finalmente uscire fuori dal sistema delle commodity. Produrre un litro di olio ha costi molto elevati e l’olio è un prodotto pregiato. Questa tempesta perfetta potrebbe servire a dargli valore”.

“Serve un piano olivicolo nazionale serio che possa rilanciare il settore in modo determinante”, ha quindi aggiunto Placida, sottolineando che “ci sono stati più incontri con il sottosegretario al Masaf La Pietra e pare ci sia la volontà di realizzare un piano olivicolo, che può essere fatto su base nazionale o regionale, visto che le Regioni si possono autodeterminare in questo senso, per aumentare la produttività e salvaguardare le varietà autoctone. Credo, comunque, che oggi ci sia una attenzione del Governo sul tema dell’olio”, ha concluso.

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