Realizzata in occasione del Congresso CODAU

Roma, 7 ott. (askanews) – I giovani della generazione “Z” si dimostrano più fiduciosi e ottimisti (gen Z 45,3% – pop 36,6%) rispetto al resto della popolazione che è più agganciata al concetto di preoccupazione, paura e precarietà (gen Z 54,7% – pop 63,4%). Lo evidenzia l’indagine demoscopica realizzata dall’Istituto Lab21.01 nel mese di settembre 2023, in occasione del XX Congresso annuale CODAU 2023 in collaborazione con ALE’ Comunicazione, dal titolo “L’impatto sociale delle Università e le aspettative della generazione Z”. Uno studio con due estensioni parallele: 1.000 interviste valide e complete per il target “Generazione Z” e 1.000 interviste per il target “Popolazione” (italiani maggiorenni con età superiore ai 29 anni). Le prime differenza tra i due target appaiono già alla prima domanda sul futuro dell’Italia: Se i giovani gen “Z” sono più fiduciosi e ottimisti rispetto al futuro, gli over 29 anni si sentono più consapevoli della responsabilità per migliorare il Sistema Paese (70,6%) rispetto alla “generazione Z” (50,4%). Diversi anche i possibili interventi delle Istituzioni per valorizzare al meglio i giovani del futuro: la “generazione z” mette al primo posto “Aumentare le assunzioni dei giovani nelle pubbliche amministrazioni” (gen. Z 46,2% – pop. 32,4%) mentre la popolazione italiani adulta “Incentivare con sgravi fiscali l’assunzione di giovani lavoratori” (gen. Z 27,8% – pop. 36,1%). Concordi i due target di riferimento rispetto alla domanda “secondo lei quale è il ruolo principale delle università italiane nel Sistema Paese”: al primo posto “Formare e istruire nuovi studenti” (gen. Z 52,9% – pop. 46,7%); “Fare ricerca” (gen. Z 26,9% – pop. 29,2%); “Aumentare e valorizzare la conoscenza e lo studio” (gen. Z 25,3% – pop. 38,9%). Ancora a braccetto nell’individuare gli elementi che incidono maggiormente nella scelta dell’ateneo universitario per tutti gli intervistati al primo posto “L’offerta formativa – piano didattico” (gen. Z 35,7% – pop. 43,2%); in seconda posizione per la generazione Z “Il blasone – la reputazione dell’università” (gen. Z 30,2% – pop. 24,1%) mentre gli over 29 “Il corpo docenti” (gen. Z 19,3% – pop. 30,2%). Ancora una volta concorde l’intero campione investigato che individua in “Un percorso universitario tradizionale (triennale o magistrale)” La scelta migliore per la propria crescita personale e lavorativa (gen. Z 41,3% – pop. 40,3%), seguito da “Un master privato post diploma scolastico” (gen. Z 25,6% – pop. 22,6%). La generazione Z individua in quattro i principali problemi delle università italiane di oggi: al primo posto “Le tasse universitarie troppo elevate” (35,1%); tallonate dallo “Scarso ricambio generazionale nel corpo docente” (34,9%); seguite dalla “Scarsa o assente disponibilità per studenti lavoratori” (30,4%) e dalle “Strutture universitarie poco tecnologiche” (30,2%). Bene “l’orientamento personalizzato”, “la poca distanza tra studente e corpo docente”, “la varietà di scelte nelle discipline universitarie” e “l’offerta didattica al passo con i tempi”. Ancora poco inclusivo e adatto a studenti con disabilità motorie, visive o uditive (gen. Z 59,1% – pop. 62,7%) e tecnologico (gen. Z 61,9% – pop. 55,7%) l’ambiente universitario; ma con responsabilità non solo riconducibili agli atenei in senso stretto: appare chiaro infatti per tutti gli italiani che giochino un ruolo decisivo le istituzioni statali e regionali che non sostengono adeguatamente le università nella creazione di ambienti idonei per l’apprendimento (gen. Z 57,2% – pop. 54,1%). Al solo target “generazione Z” è stato chiesto poi se il processo di ammissione all’università sia troppo selettivo e la risposta è inequivocabilmente “si” (gen. Z 78,9% – pop. 21,1%) ritenendo l’accesso al corso di laurea tramite numeri programmati “una limitazione nelle scelte dello studente” (74,3%) più che “un utile programmazione per un percorso di studio più efficace” (25,7%). Molto bene l’impatto post-covid della “didattica digitale” ritenuto da 8 giovani su 10 uno strumento utile e, di conseguenza considerato “uno strumento che può garantire un livello di istruzione universitaria adeguato” dal 76,9% degli intervistati. Ai ragazzi appena laureati è stato chiesto quale sia la cosa più importante che ha lasciato il percorso universitario e, in prima posizione, con il 45,7% troviamo “La preparazione e la formazione” seguita, a 5 punti percentuali di distanza, dalla “Crescita personale e professionale” e, a dieci, “Dall’esperienza di vita in generale”. Molto buona la “consigliabilità” del proprio ateneo universitario (73,4%) mentre segmentante appare la possibilità di continuare o meno il percorso di studi accademici (Si 52,5%). Nel caso in cui però si decidesse però di continuare il percorso di studi 6 giovani su 10 si dichiarano orientati a farlo nello stesso ateneo in cui hanno conseguito il primo titolo di laurea. Infine, la “Top five” dei desideri dei giovani italiani rispetto alle università vede al primo posto “Un’offerta formativa ancora più ampia e al passo con i tempi” (30,7%); in seconda posizione “Maggiori agevolazioni per studenti fuori sede o in difficoltà economiche” (28,3%); in terza posizione “La possibilità di seguire i corsi e le lezioni sia in presenza che da remoto” (26,7%); in quarta e quinta posizione “Strutture universitarie tecnologicamente avanzate” (24,4%) e “Implementazione del collegamento tra università e aziende” (24,2%).

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