Una vita che ha attraversato la storia del continente

Roma, 6 ott. (askanews) – Una pioggia di auguri è caduta su Robert Kuok, il rispettato miliardario malese che oggi ha compiuto i suoi 100 anni. Il tycoon, che vive a Hong Kong da mezzo secolo, si conferma il più attempato riccone d’Asia e il terzo miliardario con più anni sul groppone dopo l’assicuratore Usa George Joseph (102 anni) e il presidente americano della Dole Food David Murdock (100 anni anche lui, ma nato ad aprile).

Quella di Kuok è stata una vita che ha attraversato la storia dell’Asia, dalle origini come venditore di riso e zucchero nel secondo dopoguerra a una fortuna che è stimata, secondo Forbes, a 10,4 miliardi di dollari, che lo rende il 146mo uomo più ricco del mondo.

Non bisogna pensare alla sua, però, come a una storia da self-made-man. Certamente le premesse da cui partì, quando era ancora un ragazzo, non erano quelle del povero in canna. Kuok – il cui nome completo è Kuok Hock Nien – nasce in una famiglia ricca e ben collegata. Originaria della provincia cinese di Fujian, si spostò nella provincia malese di Johor Bahru, dove si collocò immediatamente nella fascia alta della società locale. Il piccolo Robert nacque il 6 ottobre 2023 proprio lì. Malese, sì, ma anche cinese e in famiglia il piccolo futuro miliardario parlava nel dialetto di Fuzhou. Il giapponese dové impararlo per forza, durante l’occupazione nipponica in periodo di guerra. Tutto ciò gli diede la possibilità di operare sui mercarti di Cina, Giappone e Sudest asiatico con totale padronanza.

La formazione di Robert Kuok fu quella dell’élite sino-malese. Studiò nella Raffles Institution di Singapore, dove fu compagno di classe di Lee Kuan Yew (fondatore e dominatore della città stato dal 1959 praticamente fino alla sua morte nel 2016), e poi nell’università inglese di Johore Bahru.

Kuok ovviamente, in una sua biografia, accredita il mitico inizio della sua fortuna col un lavoro da fattorino. Ma, senza il sostegno finanziario della sua famiglia, non sarebbe potuto decollare. Il resto, certo, fu frutto del suo talento.

Durante l’occupazione giapponese (1942-45), entrò in affari con il conglomerato nipponico Mitsubishi Shojigaisha, operando nel settore del commercio del riso, che lo “zaibatsu” (trust) giapponese aveva monopolizzato grazie al supporto dei militari. Robert diventò sostanzialmente colui che gestiva questo cruciale monopolio.

Dopo la guerra, i contatti e le competenze maturate nel periodo precedente furono cruciali nella fondazione del business di famiglia, la Kuok Brothers, nel 1949, che commmerciava prodotti agricoli. Dieci anni dopo, fodò la Malayan Sugar Manifacturing, che arrivò a controllare il 10% della produzione mondiale: allora fu soprannominato “il re dello zucchero”.

Poi si buttò nella hotellerie, costruendo nel 1971 il primo Shangri-La Hotel a Singapore, e nell’immobiliare, quando nel 1977 acquistò un appezzamento in un’area su cui pochi avrebbero scommesso per costruirvi il Kowloon Shangri-La. Infine si diede anche all’editoria, acquistando una quota di controllo del South China Morning Post (poi venduta ad Alibaba), ed entrando in affari con Rupert Murdoch. Nel 1993 però lasciò il Kerry Group, che era il suo veicolo per questi affari.

Le aziende di Kuok sono presenti in tutti i principali paesi della regione. Il vegliardo è anche proprietario del World Trade Center di Pechino, oltre a essere il padrone del più grande trasformatore di olio di palma al mondo ed essere presente nel settore dei servizi petroliferi con la PACC Offshore Services Holdings (POSH).

Kuok non si fa mancare anche una consistente presenza in politica, nella quale ha nei decenni ricoperto importanti incarichi sia a Hong Kong che in Malaysia. E non ha fatto mancare il suo sostegno all’ex primo ministro Mahatir Muhamad e al partito UNMO.

Nella vita privata, Kuok tende a essere piuttosto riservato. Sappiamo che è buddista e che si è sposato per due volte, avendo un totale di otto figli, molti dei quali sono coinvolti negli affari generati dal padre o in altri business in giro per l’Asia: più che una famiglia, una holding.

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