Pierini: governo intervenga per eliminare una tassa contro il made in Italy
Milano, 23 set. (askanews) – Dopo un 2022 che lasciava sperare in una possibile ripresa del mercato, il 2023 dell’industria delle bevande analcoliche si caratterizza per una decisa frenata dei consumi, con una contrazione delle vendite a volume che a fine anno potrebbe toccare il 5,4% rispetto al 2022.
La difficile congiuntura economica e l’alta inflazione hanno infatti influito sul carrello della spesa degli italiani riducendo il potere di acquisto delle famiglie, con riflessi negativi in estate, periodo abitualmente favorevole per il comparto. In questo contesto, l’entrata in vigore della sugar tax, prevista per gennaio 2024, produrrebbe un aumento dei prezzi con un’ulteriore contrazione delle vendite stimata in un -15,6% nel primo biennio di applicazione, nonché un conseguente minor gettito Iva pari a 275 milioni di euro e oltre 5.000 posti di lavoro a rischio.
È quanto emerge dal nuovo studio dal titolo “Il mercato dei soft drinks in Italia: scenari evolutivi 2023-2025 tra incertezze e rischio sugar tax” realizzato da Nomisma per Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche in Italia.
“Il comparto ha aderito all’invito del ministro Urso per facilitare un trimestre anti-inflazione, nonostante si trovi a fare i conti con uno scenario complesso: pil allo 0,9% e il prezzo di vetro, carta e alcune materie prime estremamente elevati (es. lo zucchero ha messo a segno un +60% in un anno) – dichiara Giangiacomo Pierini, Presidente di Assobibe – Proprio perché riconosciamo gli importanti sforzi compiuti dal governo, che ha il difficile compito di non perdere produttività e pil del nostro made in Italy e trovare risorse per coprire le spese dello Stato, confidiamo in un intervento dell’esecutivo affinché si elimini definitivamente una tassa che è contro il made in Italy, anti-economica, inefficace sia sul piano del gettito fiscale sia su quello della salute, come dimostrano i numeri. Le risorse necessarie vanno ricercate altrove, senza indebolire ulteriormente imprese e cittadini”.
La riduzione dei volumi di vendita, acuita anche dall’entrata in vigore della sugar tax, e il significativo aumento dei costi avviatosi nell’ultimo biennio avranno un impatto sulle imprese produttrici, ma anche sulla filiera e sul gettito per lo Stato. Lo studio di Nomisma evidenzia che, oltre al calo previsto del mercato, nel biennio 2024-2025 si stima anche una riduzione di 46 milioni di euro degli investimenti da parte delle imprese produttrici e una contrazione degli acquisti di materie prime (alimentari e non) di 400 milioni di euro.
In questo contesto non favorevole, il gettito fiscale generato dalla sugar tax rischia di essere nettamente inferiore rispetto a quanto ipotizzato nella relazione tecnica che si basa su stime di mercato relative al 2017; lo scenario è infatti profondamente cambiato e non garantirebbe il gettito previsto nel 2019 dal governo Conte I ma una cifra plausibilmente inferiore a 100 milioni di euro. Al contempo, le entrate fiscali sarebbero inferiori su una serie di voci, a partire da una stima di 275 milioni di minori entrate Iva per lo Stato.
In ragione delle significative preoccupazioni sugli effetti boomerang della sugar tax per le imprese che operano in Italia, le sigle della Filiera agroalimentare (Assobibe, Coldiretti, Italgrob, Filiera Italia, insieme con le sigle sindacali Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil) ai primi di agosto hanno inviato una lettera al governo per chiedere di eliminare la sugar tax dalla prossima legge di bilancio, in quanto inefficace per la salute e dannosa per imprese e lavoratori.