Ad Asti si è tenuto il dibattito dell’Aivv sulla riforma delle DO

Milano, 11 set. (askanews) – “Il concetto delle Dop andava bene cento anni fa, adesso creano quello che è un concetto di economia asimmetrica: le Dop pongono restrizioni (su vitigni, resa e tecnologia) che impattano con il mercato”. E’ quanto ha sostenuto Julian Alston, docente del Department of Agricultural and Resource economics della University of California-Davis (Usa), intervenuto ieri ad Asti al dibattito sulla riforma delle DO organizzato dall’Accademia italiana della vite e del vino (Aivv).

Spiegando che “negli Stati Uniti si sono sviluppati i marchi collettivi che rappresentano la reputazione privata dei produttori”, Alston ha sottolineato la necessità di puntare ad “avere maggior qualità e maggior rendimento senza porre vincoli che incidono sui costi: se per fare un vino ho 100 euro di costi e abbasso la resa da 100 a 80, i costi salgono a 150”. Quindi il professore ha suggerito di applicare anche da noi il modello statunitense, “senza restrizioni ma dove sono i produttori a dialogare per trovare la soluzione migliore per stare sul mercato”.

Il ragionamento sul fatto se le Denominazioni abbiano ancora senso e se creino un vero valore aggiunto, è andato in scena nella sede dell’Uni Astiss, mentre a Bruxelles sono attesi i triloghi della riforma delle denominazioni d’origine. Nel suo intervento, Davide Gaeta, professore associato di Economia ed estimo rurale dell’Università di Verona, ha evidenziato che se “le restrizioni aumentano i costi, dobbiamo vedere se gli effetti di questo aumento sono compensati dalla domanda”, domandandosi se “le restrizioni funzionino tutte” e se non “siano troppe”. Di certo, per Gaeta, oggi “le Denominazioni sono troppe” e la riforma non deve essere un pacchetto unico dove ci sono dentro “prosciutto e vino”. Ma sopratutto, la riforma in discussione rischia di non dare risposte ai tanti problemi sul tavolo, perché “lascerà che siano i singoli Stati a doversi risolvere i problemi”.

Per Oreste Gerini, Dg della Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare del Masaf, ha spiegato tra l’altro che c’è da trovare una soluzione “sulla protezione delle Ig quando usate come ingredienti” e sul “lasciare il vino nel pacchetto globale della riforma”, sulle quali non c’è unità di vendute tra ministero e produttori.

Nel corso della tavola rotonda e dei focus seguiti al dibattito, Antonio Rallo, presidente del Consorzio Sicilia Doc, “la riforma delle Ig deve essere vista come una grandi opportunità per il sistema vino a denominazione”, mentre Marco Alessandro Bani, direttore del Consorzio Chianti Docg, ha posto l’accento sul fatto che “il Disciplinare di una Doc deve essere al passo con in tempi” e che “occorrono Disciplinari elastici per essere tempestivi”. Matteo Ascheri, presidente Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, ha invece spiegato come “il vero problema siano la burocrazia e tutte le sovrastrutture e non tanto le Denominazioni d’origine e le loro restrizioni”, aspetto ripreso da Lorenzo Barbero, presidente del Consorzio Asti Docg, che ha parlato di “tempi biblici per modificare un Disciplinare che non consentono di stare al passo con il mercato”.

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